Le situazioni in cui si deve eseguire una prestazione possono causare ansia e apprensione. Ciò accade tutte le volte che si è chiamati a svolgere un compito cognitivo e/o motorio (per esempio un esame, una competizione sportiva o un’esibizione) in cui le proprie capacità devono essere valutate, soprattutto se il compito ha un significato o un valore elevato per la persona.
I sentimenti di ansia, paura e apprensione che precedono e accompagnano le performance prendono, nel complesso, il nome di ansia da prestazione. Si tratta di una reazione eccessiva al pensiero che le proprie capacità possano non essere sufficienti per rispondere alle richieste della situazione e/o per soddisfare le aspettative, con un impatto che può estendersi all’autostima, all’identità personale e al senso di appartenenza sociale.
Da cosa dipende?
La causa principale dell’ansia da prestazione è infatti la paura di dimostrarsi incapaci di svolgere un compito, o di eseguirlo a un livello tale che si creeranno alte aspettative sulle prestazioni future. Questa paura deriva dall’anticipazione delle possibili conseguenze negative a cui una persona andrebbe incontro (dal suo punto di vista) se fallisse: per esempio, potrebbe maturare la convinzione di non essere abbastanza brava in qualcosa a cui dà valore e/o nutrire il timore che altre persone pensino lo stesso, siano deluse e la isolino. Quest’aspetto è spesso legato alla paura di subire una perdita di valore personale agli occhi degli altri. La maggior parte di queste conseguenze porta a un significativo abbassamento dell’autostima, che tutti gli esseri umani tendono a proteggere in quanto parte fondamentale del proprio senso di sè.
Altri fattori individuali che possono influire sull’intensità con cui viene vissuta l’ansia da prestazione sono:
- Il significato soggettivo che la persona attribuisce al risultato della performance;
- Alcune dimensioni di personalità, tra cui è particolarmente influente il perfezionismo (inteso come tendenza a voler effettuare le prestazioni al meglio delle proprie capacità in situazioni che hanno un alto valore personale).
- L’esperienza pregressa e la capacità di affrontare lo stress.
Lo stato mentale per il successo
Le performance, oltre che dalle capacità specifiche richieste dal compito, dipendono strettamente dallo stato in cui si trova il cervello al momento dell’esecuzione. Una componente determinante nella buona riuscita di una prestazione è il livello di arousal della persona.
L’arousal e la Legge di Yerkes-Dodson
L’arousal è uno stato di attivazione fisiologica e psicologica legato a un’emozione (in questo caso, l’ansia) che ha origine in risposta a un evento. L’arousal, tuttavia, non nasce dall’evento in sé, bensì dalla valutazione che la persona fa di quell’evento e, quindi, dal significato che vi attribuisce. L’attivazione provocata dall’ansia può influenzare in maniera sia positiva che negativa il funzionamento di una persona durante la performance, a seconda del livello a cui si manifesta. In questo senso, l’ansia da prestazione può rivelarsi persino funzionale.
Secondo un modello teorico classico noto come Legge di Yerkes-Dodson (introdotto nel 1908 e confermato da recenti studi nel campo della neurobiologia), le prestazioni migliori vengono effettuate a livelli di arousal moderati, caratterizzati da una quantità di ansia gestibile che ha la funzione di sostenere la concentrazione e ridurre la sensazione di fatica. Al contrario, a livelli di attivazione molto elevati o molto bassi corrispondono bassi livelli di funzionamento e prestazioni più scarse. Infatti, quando l’attivazione è eccessiva, i pensieri della persona non sono diretti agli aspetti specifici del compito da eseguire, ma sono catalizzati sull’ansia stessa, il che li rende altamente disfunzionali. Viceversa, quando l’attivazione risulta insufficiente, l’attenzione e la concentrazione calano e vengono rivolti su elementi esterni al compito.
Ciò significa che un livello ottimale di ansia può aiutare a concentrarsi sul compito e, quindi, a ottenere un miglior rendimento. Studi più recenti specificano inoltre che tale “livello ottimale” varia da persona a persona e in base al contesto. In alcuni casi, l’ansia può persino facilitare la performance, se interpretata come “sfida” piuttosto che come “minaccia”.
Conoscere e riconoscere l’ansia
L’ansia da prestazione comprende in sé due componenti: una di tipo cognitivo e una di tipo somatico, che si influenzano a vicenda dando vita a una vasta gamma di sintomi psicofisiologici. La componente somatica è relativa al grado di attivazione fisiologica dell’organismo e genera segni come l’aumento del battito cardiaco e della sudorazione; la componente cognitiva, invece, riguarda la presenza di preoccupazione per la performance in atto, aspettative negative sui risultati, immagini mentali di fallimento e difficoltà di concentrazione.
È possibile capire se l’ansia che si prova sia funzionale o meno in base alla natura dei sintomi (somatici o cognitivi) che si presentano. Le manifestazioni somatiche (corporee), come indicano che il livello di ansia esperita è funzionale o, nel peggiore dei casi, controllabile. Quando si manifesta a livello cognitivo (mentale), invece, l’ansia è sempre invalidante.
Gestire l’ansia da prestazione
Nella realtà dei fatti, in ogni ambito e a ogni livello, l’ansia da prestazione è il principale vincolo psicologico che impedisce di eseguire delle buone prestazioni. D’altra parte, la qualità delle performance può essere ottimizzata lavorando, insieme a un professionista, per sviluppare le abilità psicologiche che consentono di raggiungere una condizione mentale ideale.
Esistono numerose tecniche e strategie di intervento che consentono di esercitare le abilità mentali legate alla performance. Queste differiscono per finalità, modalità di attuazione e componente del sistema mente-corpo su cui agiscono. Tra queste, alcune delle più utilizzate sono le seguenti:
- Ristrutturazione cognitiva: modificare i pensieri negativi e le emozioni che ne derivano;
- Tecniche di rilassamento: tecniche di respirazione, mindfulness, training autogeno;
- Pre-performance Routine: creare un rituale per aumentare il controllo e ridurre l’ansia;
- Grounding: concentrare l’attenzione su un oggetto o sensazione “ancora”;
- Self-talk: darsi istruzioni o motivarsi con affermazioni funzionali;
- Visualizzazioni: immaginarsi mentre si affronta con successo un compito.
Non è possibile eleggere una strategia o tecnica più efficace in assoluto tra quelle esistenti. Al contrario, è necessario scegliere e adattare quella più appropriata in base alle peculiarità della persona (fattori demografici, caratteristiche psicologiche, ecc.), al compito che deve essere svolto (competizione sportiva, esibizione, esame, ecc.) e a tutte le componenti situazionali che possono influire sulla performance.
In generale, gli interventi psicologici – soprattutto se personalizzati – hanno dimostrato di ridurre in maniera significativa l’ansia da prestazione, indipendentemente dal tipo di intervento e dalle caratteristiche della persona con cui viene attuato.
In conclusione
L’ansia da prestazione è un fenomeno comune che, se gestito correttamente, può diventare un alleato anziché un ostacolo. A questo fine, l’obiettivo del lavoro psicologico non è mai eliminare completamente l’ansia, ma imparare a regolarne l’intensità. Comprendere le sue cause, riconoscerne i segnali e applicare strategie efficaci per regolare l’arousal permette, infatti, di migliorare la concentrazione, ridurre lo stress e affrontare al meglio i compiti più sfidanti.
Autrice: Dott.ssa Federica Sassano
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